Dalle 20 del 4 maggio la Facoltà di Lettere dell’Università di Siena è occupata dagli studenti dell’Ateneo, come extrema ratio dopo mesi di mobilitazione a tutti i livelli. Questa decisione è stata presa a seguito di un’assemblea aperta alla cittadinanza senese, presente in buon numero, che ha visto la partecipazione di circa trecento tra studenti, docenti, personale tecnico-amministrativo.
Le motivazioni sono chiare quanto necessarie: il progressivo taglio dei fondi governativi destinati al comparto universitario, in particolare diretti verso l’Ateneo senese, hanno contribuito a minare le fondamenta di un sistema già fortemente precario a causa di una costante mala gestione dei vertici dell’ateneo di cui continuiamo a chiedere le immediate dimissioni.
Dopo i licenziamenti dei lavoratori delle cooperative, dei precari della ricerca e della didattica, sono stati i collaboratori ed esperti linguistici a cadere, con la decurtazione dei 2/3 dello stipendio, sotto la forbice dei tagli. Tutto ciò avrà gravissime ripercussioni sull’offerta formativa: non potranno più essere garantiti i corsi di lingua previsti dai curricula di tutte le facoltà dell’ateneo.
Paradossale che si cerchi di risollevarsi tagliando le uniche prospettive di sviluppo e rilancio.
La situazione dell’Università di Siena è paradigmatica delle conseguenze derivanti da decenni di riforme che mirano allo smantellamento del sistema pubblico della formazione.
Portate sull’orlo del dissesto finanziario le università pubbliche sono poste di fronte all’alternativa ricattatoria tra chiudere o svendersi ad enti esterni e privati.
Tutto questo si lega ad una progressiva destrutturazione e svilimento della didattica attraverso continue riforme e un folle affastellamento di ordinamenti, senza contare che per il prossimo anno si pensa di tradurre in legge la nota 160.
Chiediamo dunque all’amministrazione dell’Ateneo di ritornare sui suoi passi e continuare a garantire i corsi di lingua straniera.
Contemporaneamente vogliamo che il governo receda dal suo disegno privatizzante palesatosi con la l.133/2008 e giunto al suo apice con il ddl Gelmini, che, in maniera sistematica e generalizzata, impone l’ingresso di privati in tutti i consigli di amministrazione delle Università pubbliche.
Per ottenere un così radicale cambiamento di tendenza delle politiche pubbliche è necessario un movimento di opposizione generalizzato e coeso.
Vogliamo essere il collante che tiene insieme le lotte e per questo abbiamo scritto un appello alla comunità accademica di dare un segnale forte ed inequivocabile bloccando le attività didattiche e aderendo alle iniziative di mobilitazione.
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